Il Volo
Fin da bambino ho coltivato un'irrefrenabile e insana passione per il volo. Talmente insana che avrebbe pesantemente condizionato le mie scelte universitarie, inducendomi a scegliere la più astrusa, almeno ai miei tempi, fra le facoltà di ingegneria: quella aeronautica.
Pur ammonito del fatto che nel corso di studi non avrei mai avuto a che fare con aerei veri, imperterrito e cocciuto sono arrivato fino alla laurea per scoprire che si, era proprio così: avevo visto solo tantissimi numeri, studiato infiniti fenomeni, imparato le cose più sofisticate ma ero salito solamente una volta su un aereo (fermo) in gita a Pratica di Mare.
Non contento, ho pensato che la soluzione potesse essere quella di salire di quota: iscrivendomi successivamente alla Scuola Aerospaziale ho però cominciato ad avere a che fare con i satelliti, divertendomi moltissimo ed effettivamente arrivando a costruire un satellite vero (il leggendario Unisat). Ma di volare, anche qui, non si è mai parlato, tantomeno nello spazio.
E quindi solamente tanti anni dopo, fuori tempo massimo, ho capito che l'unica maniera di volare era quella più ovvia: prendere un brevetto di volo. Visto anche che mio fratello aveva appena preso l'attestato di volo VDS (che è la patente per pilotare aerei ultraleggeri), ho provveduto ad iscrivermi anch'io al corso e, finalmente, ho cominciato a volare. Muniti entrambi di attestato, io e Stefano ci siamo anche comprati l'aereo, suscitando le ire di Francesca che non aveva alcuna intenzione di restare vedova appena sposata. Rassicurata sul fatto che sarebbe stata mia cura evitare che ciò accadesse, si è tuttavia sempre rifiutata di accompagnarmi a fare qualche volo insieme etichettando spregiativamente il nostro velivolo con l'epiteto di "Smart con le ali".
Mi sono dovuto quindi accontentare, si fa per dire, di fare le gite con mio fratello ed è stata una, seppur breve, piacevolissima epoca della mia vita. Piacevolissima perchè una gita in aereo è di per sè qualcosa di entusiasmante: volare su luoghi familiari e vederli da un'altra prospettiva, volare sul mare la mattina presto, oppure sorvolare il Gran Sasso pensando a quante volte avevo faticato per raggiungerne la cima che ora vedevo così in basso. E spesso fermarsi a pranzo nelle aviosuperfici dove frequentemente si trovano ottimi ristoranti: unico ovvio limite, il rimanere rigorosamente astemi.
Breve perchè, come detto, avevo cominciato fuori tempo massimo: una volta nata la progenie, sempre più numerosa, è diventato impossibile sottrarre alla famiglia il tempo necessario per il volo. Volare non è come andare a giocare a tennis e richiede almeno mezza giornata con sveglia spesso antelucana, per cui piano piano l'attività si è rarefatta fino a che è cessata del tutto. Alla fine con somma tristezza abbiamo rivenduto anche l'aereo, ripromettendoci tuttavia che non appena sarà possibile, ricominceremo: per fortuna non c'è un limite di età per volare!