KARAKORUM
TSETSERLEG
KARAKORUM - LA TARTARUGA DI PIETRA
KARAKORUM
ERDENE ZUU
ERDENE ZUU
ERDENE ZUU
KARAKORUM
KHARKHORIN - IL CAMPO GHER
KHARKHORIN - MONUMENTO ALL'IMPERO
IL MONASTERO DI SHANK
Ci siamo svegliati sotto il diluvio universale e siamo ripartiti un pò preoccupati dell'aspetto che avrebbero potuto assumere le strade con tutta quella pioggia. In breve comunque siamo arrivati a Tsetserleg, percorrendo la nuova strada (sterrata) che valica la montagna con tratti di notevole pendenza. Tsetserleg viene benevolmebte definita un "luogo piacevole" dalla lonely planet: effettivamente è meglio di altri capoluoghi visti in Mongolia, ma rimane pur sempre un luogo orrendo; per di più noi l'abbiamo visitato col maltempo...Dopo una sosta all'ufficio postale per uno sguardo ad internet (costo al minuto irrisorio!), abbiamo visitato questo monastero, risparmiato dai comunisti nel 1937 solo perchè già convertito in museo. Si tratta del museo etnografico dell'Arkhangai e, oltre a contenere tantissime cose legate alla vita e alla storia dei mongoli, è molto suggestivo, ai piedi di una montagna che domina la città.
Ripartiti da Tsetserleg ci siamo inoltrati in mezzo ai monti fino a raggiungere un campo gher dentro al quale c'era un centro termale, con piscine di acqua calda sia interne che esterne. Il posto era molto spartano ma il bagno di due ore è stato estremamente rilassante. Verso sera, dopo un lungo tragitto sotto la pioggia incessante siamo arrivati a Kharkhorin, dove abbiamo preso alloggio al campo gher Aran, abbastanza brutto e inquietante ma dove la sera, dopo cena, abbiamo assistito ad uno spettacolare concerto di musica mongola: in particolare fenomenale, oltre alla contorsionista, è stato il cantante gutturale, che ha prodotto dei suoni inimmaginabili con la gola: veramente interessante. La mattina dopo abbiamo iniziato la visita della città dalla collina dove si trova una delle 4 tartarughe in pietra che delimitavano l'antica Karakorum.
In origine le tartarughe erano 4, adesso ne rimangono solamente due: sulla collina dove ci trovavamo vi era la prima, mentre la seconda si trovava al di là dell'Erdene Zuu Khild, che da quassù si vedeva in tutta la sua estensione, un quadrato di 400 metri di lato. Alla base della collina, circondata da bancarelle dove abbiamo comprato un pò di souvenir, c'era anche una singolare attrattiva del luogo: un pietrone dalla forma fallica meta di pellegrinaggi da parte di coloro che desiderano figli.
Erdene-zuu fu il primo Monastero Buddista all'interno dell'impero Mongolo. Fu costruito nel 1586 su ordine di Abtai Santo Khaan, un diretto discendente da Genghis Khan.
Come detto, è probabilmente il monumento più visitato della Mongolia e infatti c'erano un sacco di turisti, anche se l'ampiezza del luogo non faceva patire il sovraffolamento. Siamo stati guidati nella visita dei vari edifici (ne sono rimasti solamente tre degli oltre sessanta presenti prima dei disastri comunisti) da una simpatica ragazza che di tanto in tanto ci interrogava per vedere se stavamo attenti: con questo sistema posso dire che qualcosa almeno ho imparato, in particolare che i drappi blu simboleggiano il cielo, quelli gialli il sole, quelli verdi la terra....forse.
Fra gli edifici rimasti c'era anche la sala principale della preghiera, dove proprio in quel momento stava avendo luogo una funzione religiosa con i monaci che, come al solito seduti sui loro banchi, cantavano e mangiavano riso. Anche qui c'erano, oltre ai turisti, numerosi fedeli, alcuni dei quali si appartavano con uno o due monaci per avere indicazioni sul proprio futuro.
Il recinto del monastero, di oltre 400 metri di lato, era punteggiato da 108 stupa, tutti originali, che a mio avviso erano la caratteristica più interessante dell'intero complesso. Al termine della visita ci siamo incontrati di nuovo con Bagi che ci aspettava all'ingresso sul lato opposto rispetto a quello dal quale eravamo entrati e dove avevamo comprato altri souvenir, fra cui una tartarughina di legno con bussola incorporata (non funzionante....).
A pochi metri dall'uscita dell'Erdene Zuu ci siamo imbattuti nella seconda tartaruga di pietra. Lì vicino c'erano ovviamente numerose bancarelle ma soprattutto un recinto all'interno del quale erano stati iniziati gli scavi per portare alla luce l'antica Karakorum. Ancora non si vede assolutamente nulla, per la verità, ma si suppone che sotto il terreno ci siano tantissime cose da portare alla luce e che un giorno questo potrà essere il maggiore sito archeologico della Mongolia: come detto, entro il 2030 Kharkhorin dovrebbe tornare ad essere la capitale del paese, come era stato deciso nel XIII secolo da Gengis Khan.
Siamo tornati per il pranzo al campo gher che, come detto, era alquanto squallido. Pur trovandosi in una bella posizione in fondo ad una vallata e nei pressi del fiume, aveva un aspetto triste e soprattutto un edificio dei bagni somigliante ad un vero e proprio carcere, con corridoi bui e minacciosi dai quali specialmente di sera ci si poteva aspettare di veder comparire il fantasma di un soldato sovietico... In compenso, nel pomeriggio abbiamo fatto una passeggiata sulla collina sovrastante da cui si godeva di un bel panorama a 360° fino alla città.
Sulla collina, poco distante, sorgeva questo monumento che all'inizio avevo scambiato per un retaggio della dominazione sovietica e che invece era stato costruito nel 2003 per magnificare il glorioso passato dell'impero mongolo, il più vasto mai apparso sulla faccia della terra. Da qui si dominava la futura capitale della Mongolia, che attualmente tuttavia nulla aveva di diverso dalle altre squallidissime città che avevamo già avuto modo di non apprezzare. Questo è stato un pomeriggio un pò buttato via: forse qualcosa di meglio poteva essere organizzato da Bagi, che tuttavia ci sembrava molto preso da faccende di cuore (ci aveva addirittura chiesto di comporgli una poesia d'amore in italiano da dedicare ad una misteriosa ragazza....). L'indomani comunque saremmo partiti alla volta del Gobi e l'ultima parte del viaggio, sperando che il tempo potesse migliorare viste le sue attuali cattive condizioni....
La mattina dopo dunque siamo partiti, col cielo ancora molto nuvoloso, verso sud. Dopo pochi illusori chilometri di strada asfaltata abbiamo nuovamente imboccato un viottolo tortuoso e in breve siamo arrivati a Shank, un vecchio monastero dove si dice siano state custodite le insegne di Gengis Khan. All'ora in cui siamo arrivati il luogo era pressochè deserto e un monaco ci ha guidati nei tre edifici per una suggestiva visita: vi si trovano, come in altri templi, numerosi thangka (drappi dipinti) e statue. Ce ne siamo andati quando altri monaci stavano cominciando ad affluire per la preghiera mattutina. Da notare che tutti i monasteri sino al 1991, anno della caduta del comunismo, erano rimasti rigorosamente chiusi per cui il culto è potuto riprendere solo recentemente: questo ha comportato che parecchi mongoli siano comunque rimasti distanti dalla religione, mentre altri hanno avuto un impulso fortissimo a riprendere la pratica.
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TSETSERLEG
Ci siamo svegliati sotto il diluvio universale e siamo ripartiti un pò preoccupati dell'aspetto che avrebbero potuto assumere le strade con tutta quella pioggia. In breve comunque siamo arrivati a Tsetserleg, percorrendo la nuova strada (sterrata) che valica la montagna con tratti di notevole pendenza. Tsetserleg viene benevolmebte definita un "luogo piacevole" dalla lonely planet: effettivamente è meglio di altri capoluoghi visti in Mongolia, ma rimane pur sempre un luogo orrendo; per di più noi l'abbiamo visitato col maltempo...Dopo una sosta all'ufficio postale per uno sguardo ad internet (costo al minuto irrisorio!), abbiamo visitato questo monastero, risparmiato dai comunisti nel 1937 solo perchè già convertito in museo. Si tratta del museo etnografico dell'Arkhangai e, oltre a contenere tantissime cose legate alla vita e alla storia dei mongoli, è molto suggestivo, ai piedi di una montagna che domina la città.