IL DESERTO DEL GOBI
VERSO IL DESERTO DEL GOBI
VERSO IL DESERTO DEL GOBI
BAYANGOL
BAYANGOL - IL DISTRIBUTORE DI BENZINA
ONGIJN
ONGIJN KHILD
ONGIJN KHILD
ONGIJN KHILD - THE GHER CAMP
ONGIJN KHILD - THE GHER CAMP
MANDAL OVOO
VERSO IL GOBI
IL PRANZO NEL GOBI
IL CAMMELLO
LA CAMMELLATA
LA CAMMELLATA
LA CAMMELLATA
LE RUPI FIAMMEGGIANTI
LE RUPI FIAMMEGGIANTI
LE RUPI FIAMMEGGIANTI
MOTZHGOL ELS
MOTZHGOL ELS
MOTZHGOL ELS
IL CAMPO GHER
YOLIN AM
YOLIN AM
YOLIN AM
YOLIN AM - LA CRESTA
IL DESERTO DEL GOBI
BAZRA GAZRIN CHULUUT
L'ULTIMA DUNA DEL GOBI
Abbiamo percorso per ore una strada completamente dritta, a buona velocità, sempre più verso sud. Ogni tanto, come succedeva dall'inizio del viaggio, Zoloo, l'autista della UAZ, si fermava, apriva il cofano e riempiva il radiatore che era bucato. Il terreno, nonostante ora apparisse più arido e sassoso, continuava ad essere coperto da fili d'erba che lo facevano sembrare un immenso prato.
Ora la nostra meta era Ongijn Khild, le rovine di un antico monastero sulle rive di un fiume in mezzo al deserto. Appena prima il villaggio di Bayangol ci siamo fermati a far visita ad una famiglia che viveva in una gher con tanto di parabola e pannelli solari, dove ci hanno offerto formaggi e yoghurt fatti con latte di cammello.
In questo piccolo villaggio simile ad una baraccopoli di forntiera ventosa e riarsa dal sole abbiamo fatto benzina: qui si è ripetuta la scenetta della polaroid di Serena, con i bambini locali.
Il distributore meritava da solo la sosta, come si può vedere dalla foto...
Shortly after Bayangol we run into a rocky canyon, at the end of which three or four gher camps lied by the Ongijn river. To Bagi’s surprise the river was not dry: during this year it had been raining quite a lot and there was plenty of water, so that the river quietly flew brown-colored just nearby our camp. The place was very suggestive, surrounded by rocky cliffs and in sight of the ruins of the two monasteries on the shores of the river.
In the afternoon Bagi advised us to go and visit the ruins of the monastery, clinging at a rocky cliff just above our camp. We entered the silent and mysterious ruins area; beside the entrance there was a souvenir shop that sells ancient objects, as they state: if it is true that they are ancient, it’s forbidden to buy them; if it is false, it is not advisable to buy them….
The ruins are very suggestive, and it was definitely worth walking there and paying the 2000 tugrugs for the entrance fee, collected by a young girl in military hotpants and boots who shouted at us while, unaware of the due payment we were going out. We realized that almost every job implying the contact with the public (guardians, waiters, bankers, etc.) here in Mongolia is covered by women. I never visited a country where women are so emancipated as here, and Bagi confirmed that at the university over the 80% of the students are girls so that the boys are quite disappointed having to stay at home caring about the animals….
Every comfort is available at “Great Gobi” camp: even the basketball court. Of the sports from abroad, basketball is by far the most popular in Mongolia, mcuh more than football. Almost everywhere there are basket backboards and people playing on the streets. We accustomed ourselves to the local habit and played an evening match with the drivers…
There was also a complete billiard room, with two tables and a table tennis: after the dinner we played with the drivers and drank a lot of vodka. At this point we and the guides were a single group, playing cards and where possible, billiard. Unfortunately, that evening came to the camp three french families with some 10 boys from 5 to 15 years old: with their extreme typical french unpoliteness disturbed everyone in the camp until late in the evening. The camp was not so clean: the toilets were dreadful and often there was water shortage. From this point of view it was by far the worst camp of the whole trip and we were glad to have only one night here.
La mattina dopo siamo ripartiti da Ongijn di buon'ora. L'aria, nonostante la giornata soleggiata, era alquanto frizzante e il viaggio quindi non è stato affatto pesante. Alla incredibile media di quasi 70 km all'ora abbiamo viaggiato un bel pò fino ad arrivare al villaggio di Mandal Ovoo, dove ci siamo fermati a chiedere indicazioni per raggiungere la zona delle Rupi Fiammeggianti, dato che le piogge dei giorni precedenti, oltre a far apparire il deserto verde, avevano creato del fango lungo la strada principale. Allora un tizio con la moto, in cambio di un pò di benzina, ci ha accompagnato lungo una strada secondaria, in mezzo al nulla....
La nostra macchina era piuttosto sporca....
Ad un certo punto c'è stato anche l'imprevisto della foratura di una delle gomme della UAZ: in poco tempo il problema è stato risolto e siamo ripartiti, sotto il sole cocente e in una zona pianeggiante.
Dopo un'oretta in cui abbiamo arrancato fra dossi e collinette procedendo a velocità ridottissima, giunti in corrispondenza di una catena di piccole vette in mezzo al deserto ci siamo fermati per il pranzo. Qui il paesaggio era adeguato a quanto ci aspettavamo, e non verdeggiante....
Dopo pranzo siamo ripartiti e dopo molti altri km in mezzo alla sabbia e al fango siamo arrivati su un pianoro dove, vicino alle gher dei proprietari, c'era una mandria di cammelli, con i quali avremmo fatto il previsto giro fino alle Rupi Fiammeggianti e alla zona dei ritrovamenti dei dinosauri. Qua i cammelli sono quelli veri, ossia dotati di due gobbe che, al contrario di quanto potessi immaginare, sono molto più scomodi dei dromedari, in quanto la loro spina dorsale è, per così dire, molto più invasiva...
Dopo una breve attesa nella gher della famiglia di cammellari, siamo saliti sugli animali e siamo partiti: a parte la puzza tremenda e la tendenza a grattarsi la gobba con il muso, che comunque mi metteva un pò a disagio, le cose sono andate piuttosto bene. In breve è arrivato il cammelliere che ci avrebbe accompagnato: un signore con la pelle scura e gli occhi azzurri che si è informato su che mestirere facessimo in Italia....
Ognuno dei nostri cammelli, per fortuna, era condotto da un rappresentante della famiglia. Devo dire che fra cammello e cavallo preferisco di gran lunga il secondo...
Ad un certo punto, in mezzo al nulla, il signore dagli occhi azzurri si è fermato e ci ha fatto scendere dai cammelli (operazione in sè temibile, che si svolge in tre fasi, quelle cioè che il cammello impiega per accovacciarsi) e ha cominciato a scavare in un punto preciso. In breve ha tolto un coperchio di feltro dal terreno: lì sotto c'era il teschio di un animale che lui ci ha spiegato essere il fossile di un dinosauro che lui stesso aveva scoperto anni addietro. Esaminando il teschio non avrei saputo dire se quanto raccontava il tizio fosse vero o se quei resti fossero di un capronaccio, sta di fatto che è stato comunque un momento molto emozionante.
Rimonatti in groppa ai cammelli, abbiamo proseguito verso le formazioni rocciose dette Rupi Fiammeggianti per ovvi motivi di colorazione. Qui abbiamo recuperato le auto e abbiamo lasciato la valle per andare sopra le Rupi.
In breve siamo arrivati ad una specie di punto panoramico dove numerose erano le bancarelle che vendevano oggetti legati ai dinosauri e anche bevande più o meno fresche. Il paesaggio era effettivamente molto suggestivo e ricordava un pò alcuni luoghi degli Stati Uniti...
Qui abbiamo avuto anche occasione di sentire un insulso padano lamentarsi con la propria guida perchè "non aveva avuto effettiva evidenza della presenza di resti di dinosauro" e che per quel che lo riguardava poteva anche essere tutta una montatura. Mah....
Noi invece eravamo pienamente soddisfatti e potevamo addirittura dire di aver toccato con mano un prezioso reperto. A questo punto Bagi ci ha detto che, se ci andava, saremmo potuti andare a vedere le dune di Motzghol Els, distanti una trentina di chilometri da lì: avevamo chiesto di andarci perchè non avremmo fatto in tempo ad andare a visitare le ben più famose dune di Khorghorin Els, 150 km più ad ovest.
Sarebbe stato un peccato non vedere, nel deserto del Gobi, le dune di sabbia che, pur costituendo solamente il 3% dell'intera superficie del deserto, era una cosa a nostro avviso affascinante. Siamo dunque andati a Motzghol Els che, pur non essendo alte 200 metri e larghe 800 metri come quelle di Khorghorin, si sono rivelate un posto bellissimo.
Era bellissimo notare il contrasto fra il giallo della sabbia, il verde della prateria e il bianco delle gher che punteggiavano il paesaggio. In più, non c'era assolutamente nessuno, a parte una famiglia che allevava cammelli (e vendeva souvenir).
Anche l'ora, con il sole che cominciava a tramontare, ha contribuito a rendere affascinante questa visita.
Dopo le dune abbiamo puntato di nuovo a sud, verso la catena montuosa che rappresenta l'ultima propaggine meridionale della catena dell'Altai, che inizia al confine con Russia e Kazakistan e raggiunge lì le massime vette del paese. Siamo dunque arrivati proprio al tramonto al nostro campo gher, forse il più lussuoso di tutti, con alimentazione ad energia solare ed eolica e con dei bagni praticamente nuovi. In più, eravamo gli unici ospiti per cui era come se stessimo a casa nostra. Il tramonto è stato veramente spettacolare e la limpidezza del cielo e la luce radente unita al singolare spettacolo del deserto del Gobi verde per le piogge, ci ha dato proprio l'impressione di essere arrivati alla fine del mondo...
Il giorno dopo, un'altra spettacolare giornata di sole, abbiamo visitato la valle di Yolin Am (bocca dell'avvoltoio, o Valle delle Aquile), una gola in mezzo ai monti a 2500 metri di altezza dove l'acqua rimane ghiacciata per 11 mesi l'anno. naturalmente il mese in cui non lo è è proprio agosto, e infatti non abbiamo trovato alcuna traccia di ghiaccio. Prima di giungere alla valle abbiamo visitato un piccolo museo sulla natura del luogo e comprato parecchi souvenir nelle gher vicine. Ci siamo poi inoltrati nella valle, verdissima e sempre più stretta.
La valle si stringe sempre di più fino a diventare una gola di non più di tre metri, con pareti a picco. Sul fondo, un ruscello e lungo il ruscello, a parte alcuni ovoo (cumuli di pietre), anche venditori di oggetti di legno. Tornati indietro, abbiamo pranzato al sacco e ci siamo incamminati (per la verità senza ragazze) con le guide verso la cresta dei monti, da dove pareva ci fosse uno spettacolare panorama.
E dopo un'ora abbondante di faticosa passeggiata, in alcuni tratti una vera e propria arrampicata sul costone roccioso, siamo arrivati in cresta, da dove effettivamente il panorama era eccezionale: si vedeva, a nord, oltre le montagne, tutta la spianata del deserto del Gobi che avevamo percorso nei giorni precedenti. A sud, montagne e montagne, oltre le quali c'era il confine con la Cina. Era questo il punto più meridionale del nostro viaggio, alla stessa latitudine di Roma, più o meno.
A rallegrare ulteriormente questo bellissimo momento. è giunta la notizia, dato che quassù chissà come prendeva il telefonino, che la Roma aveva vinto la supercoppa contro l'Inter. ECCELLENTE!
La giornata era stata faticosa ma estremamente positiva, e oltretutto dal giorno seguente avremmo preso la lunghissima strada del ritorno verso Ulaanbaatar.
La mattina dopo dunque siamo ripartiti dal campo gher che ci aveva ospitato per due notti, in fondo alla Mongolia. Il tempo minacciava di peggiorare sensibilmente da ovest per cui non siamo rimasti desolati dal fatto di dover ripartire. Ci aspettava una lunghissima strada verso Bazra Gazrin Chuluut, la meta successiva, distante oltre 300 km nel Gobi centrale. In realtà di km ne avremmo percorsi quasi 600 in 16 infernali ore di macchina, perdendoci nel deserto del Gobi mentre montava una tempesta di sabbia, e arrivando a destinazione praticamente a tentoni, quasi a mezzanotte, sotto una pioggia fittissima. Privi del GPS, la guida e gli autisti avevano perso la strada e solo dopo qualche ora, dopo giri inconcludenti su dune pietrose e incontrando gazzelle e altri strani animali, erano riusciti a riprendere la giusta direzione....
Gli ultimi 60 km, a nord di Mandalgovi, li avevamo fatti al buio e sotto l'acqua, chiedendo ogni 2 km indicazioni ad auto di passaggio e presso le poche gher che si vedevano. Non si sa come alla fine eravamo arrivati, sotto il diluvio, al campo che io mi immaginavo in mezzo ad una foresta e ai piedi di una montagna: invece, la mattina dopo ho capito che ci trovavamo in una bellissima zona pietrosa in un campo completamente sperduto. La giornata era stupenda: e pensare che la sera prima pioveva anche dentro ai bagni....
Era comunque il nostro ultimo giorno in Mongolia: ci aspettava il ritorno ad Ulaanbaatar. bagi ci ha promesso che non ci avremmo messo altre 16 ore per arrivare ed infatti siamo arrivati nella capitale alle 3 del pomeriggio. Lungo la strada ci eravamo fermati a vedere questa immensa duna di sabbia battuta dal vento (dove ho pure trovato una vecchia moneta dell'epoca sovietica!), che è stata l'ultima immagine della Mongolia rurale. Ad Ulaabaatar abbiamo poi visitato i Grandi Magazzini di Stato per le ultime spese e la sera siamo andati a mangiare con le guide all'Altaj Mongolian Barbecue, simile ad un autogrill ma veramente eccellente, a coronamento di un viaggio strepitoso: ora ci attendeva una notte (corta) di meritato riposo nel lettone del Bishrelt Hotel, prima di ripartire col Tupolev alla volta dell'Europa.
![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
VERSO IL DESERTO DEL GOBI
Abbiamo percorso per ore una strada completamente dritta, a buona velocità, sempre più verso sud. Ogni tanto, come succedeva dall'inizio del viaggio, Zoloo, l'autista della UAZ, si fermava, apriva il cofano e riempiva il radiatore che era bucato. Il terreno, nonostante ora apparisse più arido e sassoso, continuava ad essere coperto da fili d'erba che lo facevano sembrare un immenso prato.