TURCHIA CENTRALE
SULTANHANI
SULTANHANI
OBRUK
OBRUK - IL LAGHETTO
OBRUK - IL LAGHETTO
KONYA - SANTUARIO DI MEVLANA
KONYA - L'AYRAN
IL LAGO BEYSEHIR
IL LAGO BEYSEHIR
VERSO EGIRDYR
EGIRDYR - YESILADA
AFRODISIA - IL TETRAPILO
AFRODISIA - IL TETRAPILO
AFRODISIA - LO STADIO
AFRODISIA - IL TEATRO
PAMUKKALE
PAMUKKALE
PAMUKKALE
PAMUKKALE
PAMUKKALE
PAMUKKALE
Ci siamo mossi verso Nevsehir, oltrepassata la quale siamo entrati nella sconfinata pianura del lago salato Tuz Golu, che è rimasto alla nostra destra. Lungo la strada ci siamo fermati al caravanserraglio di Sultanhani, dove una guida prontamente appalesatasi ci ha illustrato i vari ambienti di cui si costituiva questa particolare costruzione: il cortile con intorno le cucine, le stanze con i soffitti a volta, i bagni, ricoveri per gli animali, ecc.
Al centro del cortile c'era pure una piccola moschea: questo era un caravanserraglio piuttosto ben conservato. All'uscita siamo stati circondati da un gruppo di bambini che ci ha chiesto di cambiare i soldi e di comprare cartoline: una delizia per Gabriella che aveva una predisposizione particolare per tutti i minorenni, che infatti la consideravano invariabilmente la più simpatica del gruppo... La guida ci ha poi consigliato anche di fare una deviazione, alcuni km più avanti, per andare a vedere le rovine del caravanserraglio di Obruk, asserendo che ne valeva proprio la pena.
Rimessici in marcia sotto il sole implacabile, in un paesaggio bianco di sale e inondato di luce, dopo una settantina di km, individuata l'indicazione, abbiamo svoltato a destra per una stradina che ci ha condotto alle rovine di un caravanserraglio del XIII secolo, estremamente suggestive, situate proprio sul bordo di uno sprofondamento carsico di forma circolare in fondo al quale, 30 metri più in basso, c'era un laghetto dal colore azzurro intenso profondo 145 metri.
Abbiamo concluso che fare questa deviazione era assolutamente stata un'ottima idea: il posto era veramente molto bello e, soprattutto, praticamente deserto.
Ci siamo rimessi in marcia per Konya, che distava altri 75 km, e vi siamo giunti nel pomeriggio: la prima impressione è stata piuttosto dura, con grande traffico, confusione, case cadenti, molta gente in giro e, quel che è stato peggio, vedere due donne che ci hanno chiesto l'elemosina accettando gli avanzi del panino che avevamo mangiato a pranzo, una circostanza che in Turchia non avevamo ancora sperimentato e che mai in seguito, a dire il vero, mi è mai capitato di nuovo di vivere.
Impressionati negativamente dalla città, non ci siamo fatti scrupolo di astenerci da un'elaborata ricerca dell'Hotel e ci siamo subito fiondati all'Hotel Ani, di un certo rilievo, proprio accanto ad un bagno turco e molto vicino al centro (dove stavano trasmettendo un servizio sulla presentazione di Batistuta alla Roma...). Subito dopo esserci rinfrescati ci siamo recati a piedi al santuario di Mevlana, mistico musulmano fondatore dell'ordine dei dervisci, qui veneratissimo: l'interno mi ha colpito moltissimo, con un'atmosfera davvero particolare, pieno di gente raccolta in preghiera e una musica di sottofondo inquietante e allo stesso tempo rilassante. Secondo me, un posto da non perdere se si passa da queste parti. Subito dopo ci siamo fatti una chiacchierata con uno studente universitario dalla visione piuttosto conservatrice (si scandalizzava che al giorno d'oggi persino le ragazze andassero all'universitò) per la quale stava per subire un duro pestaggio da parte di Gabriella, indignatissima.
Dopo lo scambio di vedute con il ragazzo e placato lo sdegno di Gabriella siamo saliti sulla collina dove c'era la Moschea di Aladino che ci è stato concesso di visitare nonostante l'orario di chiusura: molto particolare, con una selva di pilastri di legno e una forma irregolare. Dopo un tè nei giardini circostanti e un bellissimo bagno turco (più tetro però di quello di Istanbul), siamo andati a cena al Safi Restaurant dove abbiamo scoperto l'Ayran, lo yoghurt annacquato che in Turchia è una delle bevande più diffuse. Dopo cena ci siamo fatti incastrare da Alì, tappetaro dai modi affabili e parlante italiano: ci ha offerto il tè alla mela e tentato di vendere dei bellissimi tappeti, senza successo. Qualche anno dopo però è venuto in Italia, ci ha chiamato e gli abbiamo comprato i kilim, a testimonianza dell'abilità dei commercianti turchi!
La mattina dopo siamo ripartiti da Konya alla volta del lago Beysehir, il terzo della Turchia per ordine di grandezza. Dopo un incontro con la polizia stradale che invece di farci una multa si è messa a chiacchierare con noi, siamo arrivati all'omonima graziosa cittadina in riva al lago, nei paraggi della quale abbiamo visitato la Moschea di Esrefoglu, una delle più belle della Turchia: nonostante l'avessimo trovata chiusa e fossimo stati nel frattempo circondati da donne locali che volevano venderci guanti e calze, ad un certo punto si è palesato il custode che ci ha aperto e ci ha mostrato l'interno, del XIII secolo, con tantissime colonne in legno.
Abbiamo poi deciso di proseguire per una stradina che costeggiava ad ovest tutto il lago, per raggiungere il lago successivo. Con un pò di apprensione, visto che la strada era del tutto secondaria, abbiamo attraversato paesaggi solitari e bellissimi, in gran parte sulla riva di questo lago.
La strada secondaria, dopo aver costeggiato la sponda meridionale del lago, se ne allontanava intrufolandosi in una vallata brulla e poco popolata: temevamo che da un momento all'altro l'asfalto terminasse e fossimo costretti a tornare indietro. Invece, dopo qualche tempo, la strada è di nuovo migliorata e ci siamo di nuovo ritrovati lungo la sponda occidentale del lago: ci siamo successivamente ricongiunti con la strada principale e abbiamo avuto così la certezza di arrivare in un orario decente ad Egirdyr. Lungo la strada non è stato infrequente scorgere carretti trainati da animali, segno di un paese ancora profondamente rurale. Dopo una merenda presso un baretto (diciamo così) all'ombra di un pergolato, siamo finalmente arrivati in vista del lago Egirdyr, che si estendeva sotto di noi spazzato dal vento.
In breve abbiamo raggiunto il paesino di Egirdyr, sotto un bastione roccioso, affacciato sul lago. Da qui un ponte collegava la terraferma con l'isoletta di Yesilada, dove la Lonely Planet consigliava di dormire in uno dei numerosi alberghetti. Abbiamo scelto la Parispension, dove ci hanno dato 3 stanze per complessivi 17 letti (!), proprio sul lungolago. Il lago aveva un colore particolare, era increspato da onde sollevate dal vento e vi regnava una bellissima atmosfera. Abbiamo fatto il periplo dell'isoletta e poi ci siamo fermati a cena al Big Apple Restaurant, dove finalmente abbiamo mangiato pesce, dopo tanta carne. Yesilada ci è sembrata un posto veramente bellissimo, una delle tappe più significative del nostro viaggio in Turchia.
La mattina dopo di buon'ora siamo ripartiti alla volta di Denizli: avevamo intenzione di trovare alloggio da quelle parti in modo da visitare sia Pamukkale con le famose cascate di calcare sia Afrodisia, sito archeologico di cui si narravano meraviglie. Dopo parecchi km siamo arrivati direttamente al villaggio di Pamukkael dove abbiamo trovato posto in un hotel carinissimo, il Koray Hotel, che aveva tutte le stanze (su tre piani) raccolte intorno al cortile dove c'era la piscina e un folto giardino. Ormai non ci meravigliavamo più di riuscire a trovare facilmente posto anche nelle località più turistiche (e Pamukkale era una di queste); dopo pranzo ci siamo messi in marcia alla volta di Afrodisia, distante alcune decine di Km in una valle parallela, dove siamo arrivati nel pomeriggio. In mezzo ad una landa punteggiata di alberi, si stagliavano delle rovine estremamente suggestive, la prima delle quali era il tetrapilo.
Questo era sicuramente uno dei simboli di Afrodisia, un posto veramente incantevole.
Faceva un caldo veramente terribile e il percorso da seguire era praticamente tutto al sole, su un'area piuttosto vasta. Il sito era comunque di una bellezza mozzafiato: qui eravamo sulle gradinate dello stadio, molto ben conservato, che aveva una capienza di 30 mila posti.
Poco distante c'era anche un teatro, della capienza di 5000 spettatori e inaugurato nel 27 a.C. Siamo rimasti ad Afrodisia qualche ora, mentre il sole implacabile cominciava a declinare (non senza aver fatto vittime illustri), dopodichè abbiamo intrapreso la strada del ritorno verso Pamukkale, dove avevamo intenzione di ammirare il tramonto. Non siamo tornati per la stessa strada dell'andata, ma abbiamo terminato un percorso circolare che ci ha riportato a Denizli, grande, moderna e caotica città, e da qui al villaggio di Pamukkale.
Dopo una breve sosta in albergo ci siamo incamminati verso il versante della collina ricoperto dal calcare e travertino che forma le caratteristiche piscine naturali che hanno dato origine al nome del luogo, che significa "castello di cotone". Abbiamo percorso il sentiero che si inerpica dalla base fino all'altopiano sovrastante e dove sorge il sito archeologico di Hyerapolis. Lo spettacolo al tramonto era particolarmente suggestivo, anche se francamente ci aspettavamo di più dalla visita, perchè anzitutto non si poteva più andare, come in precedenza, a camminare sul bordo delle piscine, tranne in alcune che ovviamente erano piuttosto affollate.
Le piscine erano formate dalle sorgenti calde d'acqua ricca di carbonato di calcio: al tramonto lo spettacolo era piuttosto suggestivo anche se devo dire che le fotografie che avevamo visto in precedenza ci avevano fatto immaginare un luogo più selvaggio e sperduto: insomma, per essere una delle massime attrattive della Turchia, questo posto ci stava un pò deludendo.
Era un pò difficile trovare delle buone inquadrature: fare una foto della piscine senza che sullo sfondo apparisse una palazzina o un nugolo di persone era impresa ardua, anche se la luce radente del tramonto rendeva il tutto ugualmente molto suggestivo.
Avremmo visitato Hyerapolis il giorno dopo: adesso, stanchi come eravamo, avevamo deciso di tornare in albergo a cenare nel ristorante sul bordo piscina.
La mattina dopo abbiamo preso il pulmino e siamo saliti al parcheggio superiore, accanto alle rovine di Hyerapolis che però, a causa del gran caldo, abbiamo visitato molto velocemente. Il panorama era completamente diverso dalla sera precedente: c'era un sacco di gente ma ciò che impressionava era l'abbagliante riflesso delle cascate, bianchissime, che facevano contrasto con il panorama circostante.
Dopo aver dato un ultimo sguardo dall'alto alle cascate di calcare e aver fatto il bagno nella piscina del ristorante affollatissimo che c'era all'ingresso superiore del parco, siamo partiti alla volta della costa, ed esattamente di Efeso, dove contavamo di arrivare nel pomeriggio. Finalmente avremmo visto il mare, e sarebbe stata una presenza che non ci avrebbe più abbandonato sino al termine del viaggio.
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SULTANHANI
Ci siamo mossi verso Nevsehir, oltrepassata la quale siamo entrati nella sconfinata pianura del lago salato Tuz Golu, che è rimasto alla nostra destra. Lungo la strada ci siamo fermati al caravanserraglio di Sultanhani, dove una guida prontamente appalesatasi ci ha illustrato i vari ambienti di cui si costituiva questa particolare costruzione: il cortile con intorno le cucine, le stanze con i soffitti a volta, i bagni, ricoveri per gli animali, ecc.