la valle dell'omo |
ETIOPIA DEL SUD
LA VALATA DI WEITO
KEY AFAR
KEY AFAR - IL BILIARDINO
KEY AFAR - IL MERCATO
VERSO JINKA
JINKA
I MURSI
I MURSI
JINKA
JINKA
DIMEKA E GLI HAMER
DIMEKA E GLI HAMER
TURMI
TURMI
TURMI
TURMI
TURMI
TURMI - EVENGADI LODGE
TURMI - EVENGADI LODGE
La cartina di Massimo non era molto chiara su quantoi chilometri separassero Konso e Jinka: non si capiva se erano 150 km o 100 oppure 200....fatto sta che per alcune ore abbiamo percorso questa mulattiera attraversando paesaggi e situazioni che sembravano usciti dai tempi andati...
Dopo molti chilometri di saliscendi il paesaggio è improvvisamente cambiato: davanti a noi si è aperta una profonda e larghissima valle verde: pensavamo di essere arrivati finalmente alla fantomatica valle dell'Omo, ma in realtà questa era una valle parallela, dove si trova la località di Weito, ossia tre capanne ad un incrocio dove abbiamo pranzato all'ombra di un grande gazebo. Il cibo è stato formaggio e salame fornito dalla Greenland: evidentemente poche erano le garanzie igieniche sul ristorante locale, dove abbiamo comunque preso le solite birre fresche, che con il caldo che faceva qui (eravamo scesi parecchio di quota e anche l'umidità era aumentata) ci stavano tutte.
Dopo pranzo abbiamo ripreso il cammino e, attraversata la vallata e superata un'altra catena di montagne (impressionate il quantitativo dei saliscendi, che sembrano non finire mai) abbiamo raggiunto il villaggio di Key Afar, dove abbiamo fatto una sosta per visitare il mercato della popolazione locale, i Banna, che con gli Hemsey abitano queste terre. Erano i primi popoli della valle dell'Omo che vedevamo, e non sapevamo bene come regolarci una volta scesi dalla macchina, anche se ci pareva più o meno che fosse valida la solita storia, con gente che si avvicinava, perlopiù ragazzini, che si offrivano come guide estemporanee o chiedevano qualche birr. E' stato qui che Matteo, alias Al Subdul, ha tirato fuori per la prima volta, con enorme successo, i suoi circa 600 bottoni che si era portato dall'Italia proprio per queste evenienze.
Non poteva mancare anche qui uno degli oggetti più diffusi in Etiopia, anche questo traccia dell'occupazione italiana: il calcio Balilla....In tutto il paese, e quindi anche qui a Key Afar, è frequentissimo vedere ai bordi delle strade capannelli di persone che giocano a biliardino, oppure a ping pong.
Scopo della sosta a Key Afar era dunque andare a vedere il mercato e il classico abbigliamento dei Banna. In 5 minuti di cammino abbiamo raggiunto la spianata del mercato: abbiamo potuto così vedere da vicino questa strana gente, con gli uomini che hanno un aspetto alquanto effeminato e girano in minigonna (!) e le ragazze (tutte incinte, il che prova evidentemente come l'apparenza inganni) caratterizzate dalla capigliatura a caschetto impastata con l'argilla, che poi ritroveremo anche presso gli Hamer. Anche al mercato abbiamo dovuto fare le foto pressochè di nascosto perchè ogni foto "palese" veniva sanzionata immediatamente con 1 o 2 birr dai soggetti. Dopo pochi minuti avevamo finito gli spicci e quindi Al Subdul è appunto passato ai bottoni.
Dopo un'oretta siamo ripartiti alla volta di Jinka e la qualità della strada è chiaramente illustrata dalla foto. Ogni tanto dai cespugli spuntavano fuori strani personaggi mascherati oppure sui trampoli che offrivano lo spettacolino sperando in qualche mancia. Ci siamo resi conto che questo per loro è un ottimo sistema per integrare il salario della loro giornata, trascorsa perlopiù custodendo gli animali e appunto avvicinando le non molte auto di turisti che si spingono fin quaggiù.
Finalmente, dopo un viaggio che sembrava non finire mai e su una strada sempre più disastrata, siamo arrivati a Jinka, ultima parvenza di cittadina dell?etiopia meridionale. Si tratta perlopiù di una strada con intorno un pò di case e addirittura una pista d'atterraggio in erba che funge anche da campo di calcio e parco pubblico. Qua infatti due volte alla settimana, se non piove, arriva l'aereo da Addis. Ci siamo fermati all'Hotel Orit, segnalato come il migliore della città ma sicuramente il peggiore del viaggio: a parte la mancanza ad intermittenza d'acqua e luce, la notte fino alle 11 non si riusciva a dormire per la musica a tutto volume del bar dell'hotel, dove fra l'altro si davano convegno personaggi di tutti tipi e ragazze sole, che qui in Etiopia significa una cosa sola. A ogni modo, ci serviva come base per il parco del Mago, dove l'indomani saremmo andati a far visita ai famigerati Mursi, descritti come scontrosi e soprattutto ladri.
La mattina dopo, sul presto, siamo partiti per una strada ancora più impervia che da Jinka scende nella valle dell'Omo, 500 metri più in basso. Dopo aver percorso avanti e indietro 20 km di sentiero quasi invisibile per raggiungere al quartier generale del Parco del Mago (ma non potevano farlo sulla strada principale?), con la paura di venire punti dalla mosca tsetse, siamo arrivati ad un posto di blocco dei Mursi dove uno di loro armato di fucile è salito in macchina con noi, in qualità di scorta armata e dietro lauto compenso. Siamo dunque arrivati ad un microscopico villaggio dove una quarantina di stranissimi personaggi (nella foto, due ragazze) ci ha assalito per farsi fotografare al prezzo di 2 birr a persona.
Messi in guardia la sera precedente dalle guide locali, avevamo lasciato in albergo portafolgio, orologi e quant'altro. I Mursi infatti, come i Karo (che non abbiamo visitato) sono maestri del furto e per loro è abitudine carprire soldi alla gente. Comunque sia, a me è parsa un pò finta questa visita, rispetto ad altre che abbiamo fatte nei giorni successivi. Per un pò è stato pure divertente, ma poi ci siamo stufati di essere aggrediti da questi tipi per farsi fotografare: per cui ad un certo punto ci siamo fatti dare il cambio da un altro gruppo di turisti e ce ne siamo tornati indietro, a Jinka.
Avendo il pomeriggio libero, abbiamo pensato di andarcene in giro per la cittadina e quindi siamo andati alla piazza del mercato: dopo breve tempo ci siamo ritrovati attaccati alle mani due o tre bambini a testa, sorridenti e divertiti.
Anche qui siamo stati intercettati da un gruppo di ragazzi che ci sono autoproclamati nostre guide e naturalmente abbiamo parlato con loro di calcio, e dei mondiali, eccetera. Al mercato abbiamo anche comprato dell'incenso, a prezzi molto contenuti. Dopo un'oretta comunque ce ne siamo tornati in albergo: devo dire che questo posto mi stava dando un pò di senso d'oppressione, e cominciavo a non vedere l'ora di andarmene. sarà stato che l'albergo era proprio poco confortevole, e mi ricordava la caserma a Viterbo, quando non si riusciva nè a stare negli spazi comuni, nè in camera. Perfino a cena Mehari ci portava in un altro hotel perchè ci si mangiava meglio (sempre il solito menù, beninteso)... Comunque sia, l'indomani mattina saremmo partiti alla volta di Turmi, ancora più a sud, ultima tappa del nostro viaggio prima della lunga risalita verso Addis.
Siamo tornati indietro a Key Afar e qui abbiamo imboccato un incredibile viottolo completamente sconnesso, verso Turmi. Ogni tanto come al solito dal nulla comparivano i più svariati personaggi (bambini sui trampoli, mascherati, ragazze invero belle nornate con le perline, ecc) e per circa tre ore abbiamo attraversato questo territorio, sotto un cielo parzialmente nuvoloso e con una temperatura piuttosto elevata. Siamo alfine arrivati a Dimeka, dove era in programma, essendo giovedi, di vedere il mercato. Ci siamo dunque fermati in un bar a mangiare (pranzo al sacco, comunque) e poi siamo usciti sulla piazza dove c'era un grande affollamento di gente vestita secondo le usanze locali: nella foto, una ragazza Hamer.
Siamo rimasti al mercato per più di un'ora: un'esperienza molto divertente perchè c'era un sacco di gente che non ci si filava nel modo più assoluto (a parte alcuni ovvi seccatori, ma niente di che: in un mercato in Italia succede lo stesso....). In più abbiamo comprato un pò di souvenir: comprrli qua anzichè in apposito negozio ci ha dato una certa soddisfazione. Al Subdul si è prodotto in centinaia di foto, giustamente; i due tipi nella foto sopra sono due ragazzi Hamer.
Abbandonata Dimeka, in breve siamo arrivati a Turmi, dove saremmo rimasti due giorni. Il programma prevedeva di cercare la cerimonia del salto del toro, ossia una cerimonia nuziale Hamer che pareva fosse molto suggestiva, ma che si doveva avere la fortuna di trovare. Purtroppo qui Mehari ha sbagliato, perchè quel pomeriggio effettivamente una cerimonia si sarebbe svvolta, ma lui non ci ha portato, e così non l'abbiamo potuta vedere. Abbiamo passato il pomeriggio, dopo esserci piazzati nelle nostre tende al campeggio, a fare una passeggiata per Turmi, un villaggio ai confini del mondo, in mezzo alla savana della valle dell'Omo.
Non poteva certo mancare il barbiere a Turmi: peccato che mi fossi tagliato a zero i capelli prima di partire, sennò un salto ce l'avrei fatto.
La piazza principale del villaggio (una strada con due file di case in fango e legno), con degli strani segnali: incrocio o camposanto?
L'atmosfera del posto era calda e sonnolenta, e per questo aveva sicuramente il suo fascino. Questo bambino, avvertendo la nostra presenza, si è precipitato fuori a salutarci....
E questa bellissima bambina ci ha accompagnato per un pò, facendosi offrire una coca cola al bar mentre noi prendevamo la solita birra, che anche nei posti più sperduti non mancava mai.
E questo era il nostro campeggio: io e Francesca avevamo una tenda "matrimoniale", mentre gli altri due una tenda singola ciascuno. Il bagno non aveva acqua corrente e quando i cassoni si svuotavano non ci si poteva lavare; la corrente veniva staccata alle 11 e insomma il posto era un pò spartano. Ma ce l'aspettavamo e tutto sommato è stata una bella esperienza.
Quella sera, il 7 gennaio, era il loro Natale: le guide si erano andate tutte ad ubriacare (Mehari compreso) e noi abbiamo passato la serata a cena e poi davanti al fuoco allestito per festeggiare la ricorrenza. Abbiamo incontrato un gruppo di italiani che stavano facendo anche loro l'Etiopia del sud ma che perfino laggiù riuscivano ad essere ossessionati dalla politica italiana.....ho pensato che loro erano sicuramente più strani dei Mursi o degli Hamer. Però hanno avuto il merito di raccontarci la cerimonia del salto del Toro, che loro avevano visto quel pomeriggio.
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ETIOPIA DEL SUD
La cartina di Massimo non era molto chiara su quantoi chilometri separassero Konso e Jinka: non si capiva se erano 150 km o 100 oppure 200....fatto sta che per alcune ore abbiamo percorso questa mulattiera attraversando paesaggi e situazioni che sembravano usciti dai tempi andati...